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Vinicio Coletti presenta

Poll

Film - Chris Kraus - Germania, Austria, Estonia - 2010


Poll, noto inizialmente con il titolo di "The Poll Diaries" è uno dei tre film del festival di Roma di quest'anno che non ho visto nelle sale dell'Auditorium, ma presso il cinema Metropolitan di via del Corso. Questo cinema, insieme a qualche altra sala, funge infatti da succursale del festival ed è particolarmente comodo da raggiungere uscendo dal mio ufficio di sera.
L'ambientazione è piuttosto originale: ci troviamo nel 1914, a pochi mesi dallo scoppio della prima guerra mondiale, nella Estonia dell'epoca, sottoposta al dominio degli zar russi ma che vede ancora presenti dei nobili tedeschi, discendenti dei conquistatori germanici che colonizzarono queste terre secoli prima, a partire dai cavalieri teutonici.
Nobili dunque che parlano tedesco e guardano alla cultura mitteleuropea ma che al tempo stesso agiscono come fedeli vassalli dello zar di tutte le russie ed abitano una strampalata villa su palafitte, ma con portone di marmo, proprio sulle rive del Baltico.
La storia segue le vicende di una ragazza, figlia del padrone di casa, che arriva un giorno da Berlino portando con sé la bara della madre, deceduta in Germania e desiderosa di riposare eternamente nel paese natale (Poll è il nome di una località, non so se reale o immaginaria).
La giovane ragazza, ha solo 14 anni, scopre così un padre autoritario e curioso, che ha trasformato un magazzino in un laboratorio dove seziona cadaveri e mette cervelli umani sotto spirito, nel desiderio di comprendere meglio il corpo umano. Scopre anche l'amante del padre, riservata e succube ad ogni volere del suo amante, un nobile che non perde occasione per criticare ogni aspetto della situazione, un fratello di secondo letto tendente alla ribellione e poi la truppa russa che garantisce l'ordine in nome dello zar.
La ragazza, di nome Oda, chiede al padre di diventare sua assistente ed inizia così ad apprendere i rudimenti della medicina, ma gli eventi quotidiani nella buffa villa sono stravolti dall'arrivo di un anarchico estone braccato dai russi, che si nasconde proprio nel laboratorio del padre. Notato solo da Oda, viene nascosto e curato in segreto proprio dalla ragazza, che riesce persino ad estrarre una pallottola e suturare la ferita.
Mentre gli eventi storici maturano, matura anche una storia d'amore tra Oda e l'estone Schnaps, anche se solo casto per via dell'età della ragazza, fino al punto in cui lei decide di seguirlo nel momento della sua fuga dall'orrido laboratorio.
Sulla storia di più non va detto, per non rovinare la visione ai futuri spettatori, ma si può invece dire che il film è stato girato in modo sontuoso e con intenti sicuramente ambiziosi. Coprodotto dall'Estonia, è anche sicuramente un aiuto alla ricostruzione di uno spirito nazionale estone (ci si identifica facilmente con l'anarchico colto e braccato sia dai tedeschi che dai russi), dopo che nel 1991 sono finiti gli oltre quarant'anni di dominazione sovietica.
Per il resto, bei costumi, bei colori, storia che mescola il cupo degli esperimenti del padre, che annunciano quelli futuri e più estremi di carnefici come Mengele, alla bontà d'animo di Oda ed al coraggio di Schnaps (il nomignolo che si è scelto l'anarchico). Il tutto in un mondo che è ad un passo dal baratro, proprio come la villa su palafitte mostra un equilibrio precario.
Tutti molto bravi gli attori, ma se dovessi scegliere un nome, direi che la palma della bravura va proprio alla piccola Oda, ovvero l'attrice Paula Beer al suo esordio sul grande schermo. Segnatevi questo nome, perché ne sentiremo sicuramente parlare ancora.
Un aspetto curioso del film è dato dal fatto che la storia, sia pure romanzata, sarebbe vera e riguardante Oda Schaefer, una prozia del regista di questo film, Chris Kraus. La vera Oda è stata una scrittrice e poetessa tedesca, che nel periodo nazista fu una specie di dissidente, in quel movimento, comprendente il marito Horst Lange, che fu definito della "emigrazione interna".
Una cosa che ho molto apprezzato poi, è vedere questo film in originale - come sono tutti i film nei festival - perché sentire il dolce suono della lingua tedesca (sì, dolce) è importante per dare un senso al film, anche se è una lingua che non conosco.
Forse l'unico difetto che si può individuare è che il regista ha avuto a disposizione un vasto materiale narrativo, sfruttato però solo in parte.
Insomma, un film duro, sontuoso e bello, da vedere se si è nella giusta predisposizione d'animo, che ha tra l'altro vinto il premio speciale della giuria nel festival di Roma di quest'anno.


 

2 novembre 2010