Alcuni brani:
Alcuni brani:
Tutto quello che esiste passa di qui. Qui, dal porto di Napoli. Non v'è manufatto, stoffa,
pezzo di plastica, giocattolo, martello, scarpa cacciavite, bullone, videogioco, giacca, pantalone,
trapano, orologio che non passi per il porto. Il porto di Napoli è una ferita. Larga. Punto finale dei
viaggi interminabili delle merci.
Il solo porto di Napoli movimenta il 20 per cento del valore dell'import tessile dalla Cina, ma
oltre il 70 per cento della quantità del prodotto passa di qui. E' una stranezza complicata da
comprendere, però le merci portano con sé magie rare, riescono a essere non essendoci, ad arrivare pur
non giungendo mai, a essere costose al cliente pur essendo scadenti, a risultare di poco valore al
fisco pur essendo preziose.
Nel porto di Napoli opera il più grande armatore di Stato cinese, la COSCO, che possiede la terza
flotta più grande al mondo e ha preso in gestione il più grande terminal per container,
consorziandosi con la MSC, che possiede la seconda flotta più grande al mondo con sede a Ginevra.
Svizzeri e cinesi si sono consorziati e a Napoli hanno deciso di investire la maggior parte dei loro
affari. Qui dispongono di oltre novecentocinquanta metri di banchina, centrotrentamila metri quadri
di terminal container e trentamila metri quadri esterni, assorbendo la quasi totalità del traffico
in transito a Napoli.
"Euro, dollaro, yüan. Ecco la mia triade."
Xian sembrava sincero. Nessun'altra ideologia, nessuna sorta di simbolo e passione gerarchica.
Profitto, business, capitale. Null'altro.
Palazzi essenziali, bigi. Qui c'è in un angolo una cappelletta minuscola. Quasi impercettibile.
Non è però sempre stata così. Prima c'era una cappella. Grande, bianca. Un vero e proprio mausoleo
dedicato a un ragazzo, Emanuele, morto sul lavoro. Un lavoro che in certe zone è persino peggio
del lavoro nero in fabbrica. Ma è un mestiere. Emanuele faceva rapine.
Un'auto si fermò nel cortile della scuola. Entrarono tre persone. Due uomini e una donna.
La donna aveva una gonna di pelle, tacchi alti, scarpe di vernice. Si alzarono tutti a salutarla.
I tre presero posto e iniziarono l'asta. Uno degli uomini tirò tre linee verticali sulla lavagna.
Iniziò a scrivere sotto dettatura della donna. La prima colonna:
"800"
Era il numero di vestiti da produrre. La donna elencò tipi di stoffa e qualità dei capi. Un
imprenditore di Sant'antimo si avvicinò alla finestra e dando le spalle a tutti propose il suo prezzo
e i suoi tempi:
"Quaranta euro a capo in due mesi..."
Venne tracciata sulla lavagna la sua proposta.
"800 / 40 / 2"
[...] Quando un prezzo viene accettato dai mediatori gli imprenditori presenti possono decidere se
partecipare o meno; chi accetta riceve il materiale. Le stoffe. Le fanno inviare direttamente al porto
di Napoli e da lì ogni imprenditore le va a prendere. Ma uno soltanto sarà pagato a lavoro ultimato.
Quello che consegnerà per primo i capi confezionati con elevatissima qualità di fattura. Gli altri
imprenditori che hanno partecipato all'asta, potranno tenersi i materiali, ma non avranno un
centesimo. Le aziende di moda ci guadagnano così tanto che sacrificare stoffa non è una perdita
rilevante.
Era il Sistema ad aver alimentato il grande mercato internazionale dei vestiti. L'enorme
arcipelago dell'eleganza italiana. Ogni angolo del globo era stato raggiunto dalle aziende, dagli
uomini, dai prodotti del Sistema. Sistema, un termine qui a tutti noto, ma che altrove resta ancora
da decifrare, uno sconosciuto riferimento per chi non conosce le dinamiche del potere dell'economia
criminale. Camorra è una parola inesistente, da sbirro. Usata dai magistrati e dai giornalisti,
dagli sceneggiatori. E' una parola che fa sorridere gli affiliati, è un'indicazione generica, un
termine da studiosi, relegato alla dimensione storica. Il termine con cui si definiscono gli
appartenenti a un clan è Sistema: "Appartengo al Sistema di Secondigliano". Un termine
eloquente, un meccanismo piuttosto che una struttura. L'organizzazione criminale coincide
direttamente con l'economia, la dialettica commerciale è l'ossatura del clan.
Facevano parte del Direttorio i clan afferenti all'Alleanza di Secondigliano, il cartello
camorristico che raccoglieva diverse famiglie: Licciardi, Contini, Mallardo, Lo Russo, Bocchetti,
Stabile, Prestieri, Bosti, e poi, a un livello di maggiore autonomia, i Samo e i Di Lauro.
[...] Per la parte produttiva, nel Direttorio sedevano imprenditori di diverse aziende come la
Valent, la Vip Moda, la Vocos, la Vitec, che confezionavano a Casoria, Arzano, Melito, i falsi
prodotti di Valentino, Ferré, Versace, Armani, poi rivenduti in ogni angolo della terra.
I Nuvoletta sono l'unica famiglia esterna alla Sicilia che siede nella cupola di Cosa Nostra,
non semplici alleati o affiliati, ma strutturalmente legati ai Corleonesi, uno dei gruppi più
potenti in seno alla mafia.
Quasi tutti i boss hanno un contronome: è in assoluto il tratto unico, identificatore.
Il soprannome per il boss è come le stimmate per un santo. La dimostrazione dell'appartenenza
al Sistema. Tutti possono essere Francesco Schiavone, ma solo uno sarà Sandokan, tutti possono
chiamarsi Carmine Alfieri, ma uno solo si girerà quando verrà chiamato "'o 'ntufato",
chiunque può chiamarsi Francesco Verde, solo uno risponderà al nome di "'o negus", tutti
possono essere stati iscritti all'anagrafe come Paolo Di Lauro, uno solo sarà "Ciruzzo
'o milionario".
Il clan Di Lauro è stato sempre un'impresa perfettamente organizzata. Il boss lo ha
strutturato con un disegno d'azienda multilevel. L'organizzazione è composta da un primo
livello di finanziatori e promotori, costituito dai dirigenti del clan che provvedono a
controllare l'attività di traffico e spaccio tramite i loro affiliati diretti, e formato, secondo la
Procura Antimafia di Napoli, da Rosario Pariante, Raffaele Abbinante, Enrico D'Avanzo e Arcangelo
Valentino.
Il furgoncino acchiappamorti gira continuamente, lo si vede da Scampia a Torre Annunziata.
Raccoglie, accumula, preleva cadaveri di gente morta sparata. La Campania è il territorio con più
morti ammazzati d'Italia, tra i primi posti al mondo.
A Napoli quel giorno arriva il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a chiedere
alla città di reagire, a lanciare parole di coraggio istituzionale, di vicinanza dello Stato.
Avvengono tre agguati solo nelle ore del suo intervento.
Li arruolano appena diventano capaci di essere fedeli al clan. Hanno dai dodici ai diciassette
anni, molti sono figli o fratelli di affiliati, molti altri invece provengono da famiglie di
precari.
Questa coscienza da samurai liberisti, i quali sanno che il potere, quello assoluto, per
averlo si paga, la trovai sintetizzata in una lettera di un ragazzino rinchiuso in un carcere
minorile, una lettera che consegnò a un prete e che fu letta durante un convegno. La ricordo
ancora. A memoria:
Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera.
Io voglio diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne.
Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere
magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come muore uno vero, uno che comanda
veramente. Voglio morire ammazzato.
Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana,
più della 'ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti
fatti dall'ETA in Spagna e dall'IRA in Irlanda, più delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le
stragi di Stato avvenute in Italia. La camorra ha ucciso più di tutti.
Una figura storica di dirigente camorrista è sicuramente Anna Mazza [...] Una sua
"dama di compagnia", Immacolata Capone, nel corso degli anni fece fortuna all'interno
del clan. [...] Secondo le indagini della DDA di Napoli, Immacolata Capone fu l'imprenditrice
capace di riportare le ditte dei Moccia a conquistare nuovamente la leadership nel campo
dell'edilizia. [...] Le sue guardaspalle erano due ragazze. La scortavano seguendola con una Smart,
la piccola auto biposto che ogni donna di camorra possiede. Dallo spessore delle porte, però,
quella Smart sembrava blindata. [...] Mi colpì l'abbigliamento curatissimo, entrambe avevano
qualcosa che ricordava i colori della Smart, giallo fuorescente. [...] La stessa tonalità di giallo
della tuta da motociclista che Uma Thurman indossa in Kill Bill di Quentin Tarantino, un film
dove per la prima volta donne sono protagoniste criminali di prim'ordine.
Così negli anni, nonostante gli avvicendamenti delle dirigenze, le faide interne e le crisi,
i boss hanno avuto come riferimento non il mercato nero delle armi, ma i depositi degli eserciti dell'est
a loro completa disposizione.
La questione delle armi è tenuta nascosta nel budello dell'economia, chiusa in un pancreas di
silenzio. L'Italia spende in armi ventisette miliardi di dollari. Più soldi della Russia, il doppio
di Israele. La classifica l'ha stesa l'Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace,
il SIPRI.
Francesco Schiavone Sandokan, Michele Zagaria e il clan Moccia erano i più importanti soci di
Cirio e Parmalat in Campania.
Don Peppino [Diana] aveva come priorità ricordare che bisognava, dinanzi all'ondata del potere
dei clan, non più contenere l'attività nel silenzio del confessionale. Setacciò così la voce
dei profeti per sostenere la necessità prioritaria di scendere per le strade, di denunciare, di agire
come condizione assoluta per dare ancora un senso al proprio essere.
[...] Il giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994. Mattina prestissimo. Don Peppino non si
era ancora vestito con gli abiti talari. Stava nella sala riunioni della chiesa, vicino allo studio.
Non era immediatamente riconoscibile.
"Chi è Don Peppino?"
"Sono io..."
L'ultima risposta. Cinque colpi che rimbombarono nelle navate, due pallottole lo colpirono al volto,
le altre bucarono la testa, il collo e una mano.
[...] Aveva trentasei anni.
Si racconta a Casal di Principe che il boss aveva chiesto al suo architetto di costruirgli una
villa identica a quella del gangster cubano di Miami, Tony Montana, in Scarface.
Antonio La Torre è stato arrestato ad Aberdeen nel marzo 2005, su di lui pendeva un mandato
d'arresto italiano per associazione a delinquere di stampo camorristico ed estorsione. Per anni
aveva evitato sia l'arresto che l'estradizione [...] La Scozia non voleva perdere uno dei suoi
imprenditori più brillanti.
La zona più colpita dal cancro del traffico di veleni si trova tra i comuni di Grazzanise, Cancello
Arnone, Santa Maria La Fossa, Castelvolturno, Casal di Principe - quasi trecento chilometri
quadrati di estensione - e nel perimetro napoletano di Giugliano, Qualiano, Villaricca, Nola,
Acerra e Marigliano. Nessun'altra terra nel mondo occidentale ha avuto un carico maggiore di rifiuti,
tossici e non tossici, sversati illegalmente. Grazie a questo business, il fatturato piovuto nelle
tasche dei clan e dei loro mediatori ha raggiunto in quattro anni quarantaquattro miliardi di euro.
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