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Vinicio Coletti presenta

Ritual

Film - Giulia Brazzale, Luca Immesi - Italia - 2014


Con il biglietto comprato la sera prima, all'incontro di presentazione del film presso la Libreria del Cinema, l'otto maggio ho visto al cinema Barberini la prima del film "Ritual".
Prodotto anche grazie ai fondi della Regione Veneto e diretto da Luca Immesi e Giulia Brazzale, è un'opera prima molto particolare, perché basata sull'opera e le teorie del regista e scrittore cileno Alejandro Jodorowsky. La psicomagia, la chiama così, di Jodorowsky è basata sulla psicoanalisi, con l'aggiunta di gesti simbolici e rituali che aiuterebbero a risolvere i problemi, dopo averli individuati con metodi più tradizionali. Egli racconta di essere arrivato a concepire una simile pratica dopo aver incontrato una sciamana messicana, che gli mostrò come guariva le persone.
Non so dire se questa tecnica funzioni, ma questa è una teoria che ha molto a che fare con il surrealismo ed il dadaismo, movimenti artistici dove il simbolismo gioca un ruolo fondamentale.
Il film è incentrato su un rapporto di coppia, quello tra Lia, interpretata dalla bravissima Desirée Giorgetti e Viktor, interpretato da Ivan Franek. Lei fa la disegnatrice di moda e lui lavora nel mondo dell'arte o almeno è quello che si intuisce dalle scene iniziali all'interno di un museo d'arte moderna.
Il loro rapporto è fin dall'inizio un po' curioso. Tanto è dolce e arrendevole lei, tanto lui appare inutilmente macho, possessivo, geloso e superbo al limite dell'insulto. Sempre sull'orlo della crisi, il loro rapporto precipita quando Lia, che già cura presso uno psicoanalista la sua depressione, rimane incinta e vede che Viktor non ha nessuna intenzione di avere un figlio.
Da un certo punto di vista la situazione fa quasi sorridere, perché sembra abbastanza evidente che la soluzione migliore per Lia sarebbe quella di lasciare semplicemente Viktor e trovarsi un altro uomo con cui instaurare un rapporto più sereno, ma la donna decide invece di tornare temporaneamente nella casa di campagna in cui ha trascorso l'infanzia con una zia.
Zia Agata è ancora lì e la accoglie di buon grado. Intepretata da Anna Bonasso, questa zia è una specie di guaritrice di paese, una sciamana veneta che cura gratis chiunque si rivolga a lei, con metodi un po' strani e che rimandano, ovviamente, alla psicomagia di Jodorowsky.
Oltre a ciò, intorno alla casa persa nelle campagne iniziano ad apparire strane visioni: una donna che canta ninne nanne di notte (l'Anguana, personaggio delle favole e dei miti del veneto rurale) e dei bambini un po' elfi (altri personaggi della tradizione locale). Lia dopo un po' comincia a star meglio, ma ecco che arriva Viktor, cosa che farà evolvere ulteriormente la situazione.
Che dire di questo film? Bisogna dire innanzitutto che si tratta di un'opera prima, almeno per Luca Immesi, mentre Giulia Brazzale è nota per aver vinto il "Premio nasino d'argento" ed il "Premio Kodak" al Sulmona Film Festival 2002 con "Due pezzi pazzi". Poi il tema è molto peculiare e ci si chiede se questi obiettivi programmatici (parlare della psicomagia) abbiano giovato o meno alla freschezza della narrazione.
Altra questione, poi, è quella delle tradizioni mediche popolari. Anche dando per buona la psicomagia, cosa tutta da verificare, dobbiamo davvero per stare meglio tornare ai riti paesani dell'"uovo di San Giovanni", vedere elfi ed anguane, affidarci agli strani rituali dei secoli passati? Sicuramente riscoprire le tradizioni popolari fa bene, ma bisognerebbe agire con prudenza, per evitare di fuggire nel passato per paura di affrontare un presente non sempre comodo da gestire.
Il personaggio meglio reso è sicuramente Lia e di questo si deve dar atto a Desirée Giorgetti, mentre la brutalità onesta di Viktor è forse resa in modo un po' troppo monocorde, a tratti quasi caricaturale. E' vero che nel mondo dell'arte è pieno di personaggi pieni di se stessi, è vero che in certi paesi poco più a est di noi a volte il carattere è quello, ma forse si è esagerato un po'. Per il resto Cinieri fa il suo mestiere onestamente, la Bonasso è una credibile sciamana di paese, Patrizia Laquidara è un'affascinante Anguana, Jodorowsky fa il suo cameo come fantasma notturno ed i due elfi bambini mi sono sembrati forse troppo realistici per non essere umani.
La colonna sonora è basata sulle canzoni di Patrizia Laquidara ed anzi bisogna dire che tutta una parte della storia (le anguane, gli elfi bambini, le grotte) viene dalla sua ricerca musicale sulle tradizioni venete.
Insomma, un'interessante opera quasi prima che a mio avviso avrebbe potuto essere migliore se l'obiettivo del racconto non fosse stato sempre tenuto al centro del tessuto narrativo. Uno sguardo più arioso, più personaggi ed ambienti, avrebbero giovato. Bisogna però dire che tutto ciò costa, mentre qui siamo in un'opera dal budget necessariamente limitato.


8 maggio 2014